venerdì 17 novembre 2006

World Trade Center



















Regia: Oliver Stone
Cast: Nicolas Cage, Michael Peña, Maggie Gyllenhaal, Maria Bello, Stephen Dorff, Jay Hernandez, Michael Shannon
Genere: Drammatico
Durata: 129 minuti
Produzione: USA 2006

Trama: Un ticchettio di un orologio segna il tempo. Tutto a New York si muove, lavora, sorride, vive. D'improvviso un suono sordo, muto. Inizia l'inferno.JJ Mc Loughlin (Nicholas Cage), a capo di alcuni agenti di polizia portuale, entra nelle torri per salvare le migliaia di persone intrappolate nel World Trade Center. I minuti corrono inesorabili. Inaspettato, un fragore terrificante li scuote. Collassa la prima torre. Dopo alcuni minuti la seconda. Mc Loughlin e l'agente Jimeno rimangono intrappolati sotto le macerie, senza via di scampo. Questa è la vera storia del loro 11 settembre 2001."God bless America". Sì, "Dio benedica gli Stati Uniti". Questa è la visione di Oliver Stone di quel giorno terribile, indelebile nella mente di tutti gli Americani. L'11 settembre è stato, infatti l'unico "atto di guerra" perpetrato sul territorio statunitense. Il regista, basandosi sui racconti dei due agenti sopravvissuti, racconta la vicenda umana e universale di un popolo ferito (emblematica la ripresa aerea di Manhattan, con il fumo, come sangue, che esce dalle torri) e lo rappresenta nel buio delle macerie delle Twin Towers, quasi fosse nella giungla del Vietnam, che Stone ha vissuto in prima persona. Nicholas Cage non è molto distante da quei soldati che, per difendere il proprio paese, sono andati incontro a qualcosa di più grande di loro. I momenti terribili nelle tenebre, lo sporco sui visi, le macerie, si contrappongono alla celestiale luminosità dei volti delle famiglie in attesa (Maria Bello, nel film moglie di Mc Loughlin, ha per la prima volta gli occhi azzurri) e dei ricordi che passano velocemente davanti agli occhi dei protagonisti, per dirci che per non andare all'inferno bisogna avere un angelo custode. Questo impianto parallelo, a volte manierato, riduce l'impatto emozionale, che rimane comunque molto forte per le interpretazioni efficaci di Nicholas Cage e Michael Peña.World Trade Center è il manifesto di cosa ha rappresentato quel giorno per un popolo, quello americano, che conferisce grande importanza ai valori dell'amicizia, dell'amore, della famiglia. E Oliver Stone è, ancor prima di essere un regista, un cittadino degli Stati Uniti.

Francesca Scorcucchi (Il Mattino)
Sarà un'opera di passione collettiva, un'approfondita meditazione su cosa è accaduto quel giorno, piena di compassione. Sarà l'esplorazione dell'eroismo americano e dell'umanità del mondo di fronte alla tragedia». Oliver Stone commenta così il suo ultimo film, la cui produzione è iniziata pochi giorni fa a New York, una delle pellicole più attese e temute della storia recente di Hollywood: il film sull'11 settembre, la cui produzione è stata annunciata lo scorso 11 luglio e che uscirà l'11 agosto del prossimo anno. Il numero undici ricorre con inquietante parossismo. Si tratta solo di una combinazione? Certamente non è una coincidenza la decisione di fare uscire il film un mese prima del quinto anniversario della tragedia più dolorosa della storia americana. «Il film non sarebbe mai potuto uscire nel giorno dell'anniversario per non dare l'impressione di voler strumentalizzare l'avvenimento», ha detto a «Variety» Wayne Lewellen, responsabile degli studi Paramount, che produrrà la pellicola. La delicatezza del tema trattato ha fatto sì che il primo ciak fosse preceduto da mesi di incontri con la comunità newyorkese e con le famiglie vittime dell'attentato. Le scene del collasso delle torri saranno, inoltre, girate lontano da New York, nei grandi capannoni della Paramount a Los Angeles. Le vere immagini di quel giorno passeranno solo nei televisori, sistemati sullo sfondo di alcune scene. I responsabili hanno promesso massimo rispetto e attenzione su un tema tanto delicato. «Non sarà certo in stile “Titanic” o “Inferno di Cristallo”», ha detto il produttore esecutivo Michael Shamberg, ma i parenti delle centinaia di vittime non sono del tutto certe della bontà dell'iniziativa. «Spero che useranno un certo riguardo anche se non so come potranno non urtare la sensibilità di chi, come me, è stato direttamente colpito» ha detto al «New York Times» Lee Ielpi, che nell'attentato perse il figlio vigile del fuoco. Il film, che vedrà protagonista il premio Oscar Nicolas Cage, non ha ancora un titolo. Quello che si sa è che racconterà la storia dei due poliziotti, John McLoughlin e William J. Jimeno, che per ultimi furono estratti vivi dalle macerie del World Trade Center. Cage interpreterà il sergente della Port Authority McLoughlin, che trascorse 24 ore con il collega Jimeno prima di essere salvato. Allora si gridò al miracolo ed ora il miracolo di John e William viene raccontato dal regista che meglio di altri ha saputo dipingere i momenti cruciali della storia recente americana, il regista di «Platoon», «Nato il 4 luglio» e «JFK». «Forse qualcuno soffrirà ma era ora che si raccontasse la storia della gente che era al World Trade Center il giorno dell'attacco - ha dichiarato il vero sergente McLoughlin - Quella tragedia ha spinto gli americani e la gente di tutto il mondo a lavorare insieme per aiutare coloro che avevano bisogno di aiuto». Jennifer Brown, incaricata di ricostruire Ground Zero a Los Angeles, è certa che «Non appena la gente capirà che quello che vogliamo fare è raccontare solo una particolare storia, quella degli ufficiali McLoughlin e Jimeno, allora ci sosterrà». Il film di Stone è stato il primo a partire con le riprese, ma non sarà il primo a comparire sul grande schermo. Flight 93, diretto da Paul Greengrass, il regista di Bloody Sunday (il film che raccontava un'altra drammatica storia, quella sulla protesta irlandese del 1972 che si concluse con un massacro operato dalle truppe britanniche) è previsto in uscita per aprile, o forse maggio, fa sapere «Variety», al Festival di Cannes. Il progetto, infatti, non richiederà tempi lunghi di realizzazione, solo quaranta giorni di riprese per raccontare in tempo reale, novanta minuti, cosa è successo sul quarto aereo dirottato quella tragica mattina del 2001, quello si schiantò in un campo della Pennsylvania dopo un atto di coraggio da parte dei passeggeri. Il film comincerà il racconto dal momento del dirottamento per proseguire con la scoperta, da parte di alcuni passeggeri attraverso il cellulare, che altri aerei erano stati dirottati quella mattina e erano stati lanciati contro il World Trade Center e contro il Pentagono. La notizia fece prendere ai passeggeri l'eroica decisione di sacrificare le loro vite e far precipitare l'aereo prima che questo potesse raggiungere Washington. Il copione di Flight 93, che al momento vede nel cast solo la giovane attrice canadese Meghan Heffern, sarà in parte improvvisato e Greengrass prevede l'uso di telecamere a mano per dare al film un taglio più realistico. «Credo che qualche volta - dice il regista - guardando con la maggior chiarezza e obiettività possibili a un singolo evento, si riesca a trovare nelle sue pieghe qualcosa di molto prezioso, qualcosa di molto più grande dell'evento stesso: il Dna del nostro tempo».

Lietta Tornabuoni (La Stampa)
Sulla tragedia dell’11 settembre 2001, l'attacco aereo alle torri gemelle di New York e la morte di oltre 3000 persone, Oliver Stone ha fatto con World Thade Center (fuori concorso) un film senza terrorismo, senza complotti, senza enfasi, senza politica (si vede per un attimo Bush che fa il suo telediscorso alla nazione ma nessuno ci fa caso, è come fosse un portacenere). Un film patriottico e non presidenziale né governativo, ispirato ai miti dell’eroismo americano: individualismo, altruismo, difesa delle propria famiglia. Nel film l’attacco sembra una catastrofe naturale, un terremoto. Nessun eroe va all’assalto o fa irruzione, nessuna bandiera sventola. Inchiodati dal peso delle macerie cadute loro addosso, due uomini possono fare soltanto quanto è consentito nel nostro tempo por restare vivi: conservarsi svegli, resistere. Se c’è un film al quale World Trade Center in qualche modo somiglia, è Il segno rosso del coraggio di John Huston, tratto dal romanzo di Stephen Crane. Il film è poi archetipico come un’illustrazione di Norman Rockwell. E’ l’alba rosa a New York, nelle case squillano le sveglie, gli uomini della polizia portuale si alzano per andare a lavorare, la città è vuota, quieta e luminosa. Più tardi arriva la notizia, i poliziotti si bardano in fretta con caschi, zaini, bombole, dal finestrino del pullman vedono gli scampati, i feriti, il fumo, la nebbia, la polvere. Sul posto, sentono il rombo di altri crolli. Non tutti si propongono volontari per salvare i colpiti. Anzi, sono in pochi a seguire il sergente. Ancora meno, due (Nicolas Cage, Michael Pena) rimangono vittime di nuove scosse, frane, fuoco, macerie: paralizzati, possono soltanto parlare tra loro nel buio, soffrire per la sete e la mancanza d’aria, sperare di venir salvati. Alle loro immagini si alternano quelle delle famiglie che li aspettano tentando di non cedere alla disperazione. Uno dei sepolti crede di vedere il fantasma di Gesù. Le donne (bionda e bruna, bianca e nera) si abbracciano.Li salvano, con molte difficoltà. Un’autorità fa un discorso: «Questo episodio ha messo in luce che esistono uomini pronti a soccorrere altri uomini soltanto perché è una cosa giusta». L’istinto drammaturgico di Oliver Stone calibra i tempi molto bene, la sua maestria di regista rende la parte iniziale dei film molto efficace. A volte esagera, si sa. Inventa un personaggio simbolico eccessivo: un marine giovane, alto e forte in divisa che tutto solo cammina tra le macerie con l'autorità di un santo, avverte i richiami dei sepolti vivi, ne indirizza il recupero e si allontana, va in Iraq dove pure «servono uomini in gamba».Ma lo scoramento del regista per i morti e per i vivi suona sincero, non offensivo: la polemica di qualche associazione di neri che aveva accusato Oliver Stone di aver usato un attore bianco anziché nero pare caduta. Della qualità degli attori si può dire poco: ameno che l’accettare di recitare immobili nel buio non sia, anche quella, una qualità.

Ed ora tocca a me: A parte la critica di Stefania e la scena della "visione dell'acqua" a me questo film non è dispiaciuto, ovviamente molto bravo Nicolas Cage.

Alla prossima... ;)

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1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sai già cosa ne penso, ergo non ribadisco

venerdì, 17 novembre, 2006 

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